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I miti fondatori della politica israeliana



di Roger Garaudy

 
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2. Il mito della giustizia di Norimberga

 

"Questo tribunale rappresenta una continuazione degli sforzi di guerra delle nazioni alleate".

Fonte: Robert H. Jackson, procuratore generale degli Stati Uniti,
dichiarazione alla seduta del 26 luglio 1946 del Tribunale
Militare Internazionale di Norimberga


L'8 agosto 1945 i dirigenti americani, inglesi, francesi e russi si riunirono a Londra per mettere a punto "l'azione giudiziaria e le condanne contro i grandi criminali di guerra delle potenze europee appartenenti all'Asse" creando un "Tribunale Militare Internazionale" (articolo I, a).

I crimini erano definiti al Titolo II, articolo 6.

1. "Crimini contro la pace", concernenti coloro che erano re-sponsabili dello scatenamento della guerra.

2. "Crimini di guerra", per la violazione delle leggi e dei costumi di guerra.

3. "Crimini contro l'umanità", vale a dire, essenzialmente, contro le popolazioni civili.

Questa definizione dà già adito a qualche osservazione:

a) Non si trattava di un tribunale internazionale, dal momento che era costituito soltanto dai vincitori e che, di conseguenza, avrebbe considerato solo i crimini commessi dai vinti... Il procuratore generale degli Stati Uniti, Robert H. Jackson, che presiedette l'udienza del 26 luglio 1946, riconobbe: "Gli alleati si trovano ancora in stato di guerra con la Germania da un punto di vista tecnico. In quanto tribunale militare, questo tribunale rappresenta una continuazione degli sforzi bellici delle nazioni alleate".

b) Si trattava, dunque, di un tribunale d'eccezione, che rap-presentava l'ultimo atto di guerra, escludendo, per suo stesso principio, tutte le responsabilità dei vincitori, in primo luogo nello scatenamento del conflitto. Si escludeva a priori ogni richiamo su chi ne fosse stato la causa primaria: a Norimberga non si pose la questione di sapere se il trattato di Versailles, con tutte le sue conseguenze, in particolare con la moltiplicazione dei fallimenti e soprattutto con la disoccupazione, non avesse permesso l'ascesa di un Hitler, grazie al consenso della maggioranza del popolo tedesco. Per esempio (la sola legge del più forte facendo già figura di "diritto"), imponendo alla Germania sconfitta del 1918 di pagare, a titolo di risarcimento, 132 miliardi di marchi-oro (l'equivalente di 165 miliardi di franchi-oro), mentre il patrimonio nazionale del paese stesso era valutato in 260 miliardi di marchi-oro. L'economia tedesca ne fu rovinata e il popolo tedesco fu ridotto alla disperazione dalla crisi, dal crollo della moneta e soprattutto dalla disoccupazione, che permisero la salita al potere di Hitler e gli diedero gli argomenti più facili per sostenere la sua più importante parola d'ordine: annullare il trattato di Versailles con il relativo strascico di miserie e di umiliazioni.

La dimostrazione più convincente di ciò è fornita dalla crescita della disoccupazione parallelamente al successo del Partito nazionalsocialista nelle varie elezioni:

Dal 1924 al 1930

 

 Voti ottenuti

 %

 Seggi

 Disoccupati

 4 giugno 1924

1.918.000

6,6

 32

320.711

7 dicembre 1924

908.000

3,0

14

282.645

20 maggio 1928

810.000

2,6

12

269.443

 

 

 

 

 

 

 Dal 1930

  al 1933

 

 

 14 aprile 1930

6.407.000

18,3

107

1.061.570

31 luglio 1932

13.779.000

37,3

230

5.392.248

6 novembre 1932

11.737.000

33,1

196

5.355.428

5 marzo 1933

17.265.000

43,7

288

5.598.855

Dopo che Hitler ebbe ottenuto, con i suoi alleati politici, la maggioranza assoluta al Reichstag, fu decisivo l'aiuto al riarmo della Germania, da parte degli uomini del dollaro, della sterlina e del franco. Non solo la Cassa centrale di propaganda del partito di Hitler fu alimentata dalla banca tedesca Schreider, ma il riarmo stesso della Germania fu largamente finanziato dai grandi trusts americani, inglesi e francesi. Fu il caso del consorzio chimico americano Dupont de Nemours e dell'inglese Imperial Chemicals Industry, che sovvenzionarono l'IG Farben, con la quale si divisero il mercato mondiale della polvere da sparo, e quello della banca Dillon di New York, che sovvenzionò la Vereinigte Stahlwerke, cartello tedesco dell'acciaio. Altre imprese furono sovvenzionate da Morgan o Rockfeller, ecc.

Così la sterlina e il dollaro parteciparono al complotto che portò Hitler al potere.

Per quanto riguarda la Francia, il ministro dell'economia nazionale, a un'interrogazione del senatore Paul Laffont sulla quantità di minerali di ferro esportati in Germania dopo il 1934, rispose così:

"La quantità di minerale di ferro (N. 204 del tariffario doganale) esportata in Germania nel corso degli anni 1934, 1935, 1936 e 1937 è elencata nella seguente tabella:

 Anno

 Quantità

 

 (in quintali metrici)

 1934

 17.060.916

 1935

 58.616.111

 1936

 77.931.756

 1937

 71.329.234

Fonte: "Journal Officiel", 26 marzo 1938


Ma né i dirigenti dei gruppi Dupont de Nemours, Dillon, Morgan e Rockfeller, né François de Wendel furono interrogati a Norimberga sui "crimini contro la pace".

Nota: Gli Stati Uniti produssero circa 135.000 tonnellate di agenti chimici tossici durante il conflitto, la Germania 70.000 tonnellate, il Regno Unito 40.000 tonnellate e il Giappone 7.500 tonnellate.

* * *

Si citano spesso le imprecazioni di Hitler e dei principali dirigenti nazisti contro i comunisti e gli ebrei.

In particolare il capitolo XV del secondo volume di Mein Kampf, in cui Hitler ricorda il passato: quello dell'impiego militare del gas avviato dagli inglesi durante la prima guerra mondiale. Il capitolo è intitolato Il diritto alla legittima difesa:

"Se all'inizio e durante il conflitto si fossero uccisi con i gas dodici o quindimila di quei giudei distruttori del popolo, come rimasero uccisi dai gas sui campi di battaglia centinaia di migliaia di tedeschi di tutte le classi, non sarebbero morte invano milioni di persone. Am-mazzando dodicimila criminali finché si era in tempo avrebbero guadagnato la vita un milione di preziosi tedeschi".

In un discorso al Reichstag del 30 gennaio 1939 egli disse anche:

"Se i circoli giudaici della finanza, all'interno e all'esterno dell'Eu-ropa riusciranno a precipitare un'altra volta i popoli in un guerra mondiale, il risultato non sarà la bolscevizzazione della terra come corollario della vittoria dell'ebraismo, ma l'annientamento (Vernichtung) della razza ebraica in Europa [...]. Perché l'epoca in cui i popoli non giudaici si consegnavano inermi alla propaganda si è conclusa. La Germania nazionalsocialista e l'Italia fascista hanno ormai le istituzioni che permettono, ogni volta che è necessario, di illuminare il mondo sugli annessi e connessi di una questione che numerosi popoli avvertono istintivamente, senza potersela spiegare scientificamente.

"Gli ebrei possono continuare la loro campagna di logoramento in alcuni Stati, protetti come sono dal monopolio che esercitano nella stampa, nel cinema, nella propaganda radiofonica, nei teatri, nella letteratura e così via. Pertanto, se questo popolo dovrà riuscire, ancora una volta, a precipitare milioni di uomini in un conflitto totalmente assurdo per loro, per quanto possa essere vantaggioso per gli interessi dei giudei, allora si manifesterebbe l'efficacia di un lavoro di spiegazione che ha permesso in pochi anni, nella sola Germania, di abbattere completamente (restlos erlegen) il giudaismo".

Fonte: Trial of the Major War Criminals, cit., XXXI, p. 65

Il 30 gennaio 1941 Hitler dichiarò all'insieme degli ebrei d'Europa che essi "avrebbero finito di fare la loro parte, in caso di guerra generalizzata". Poi, in un discorso del 30 gennaio 1942, egli avrebbe dichiarato che dalla guerra sarebbe risultato "l'annientamento del giudaismo in Europa"

Il testamento politico di Hitler, pubblicato dal Tribunale Militare Internazionale, abbonda in questo senso. Vi si legge in modo specifico:

"Non ho lasciato sussistere alcun dubbio sul fatto che, se questi complottatori internazionali del mondo del denaro e della finanza ricominciano a trattare i popoli d'Europa come pacchetti di azioni, questo popolo, che è il vero responsabile dell'attuale conflitto micidiale, dovrà renderne conto: i giudei! (Das Judentum!)

"Non ho lasciato nessuno nell'incertezza della sorte che aspetta coloro a causa dei quali milioni di bambini dei popoli ariani d'Europa dovrebbero morire di fame, milioni di uomini adulti dovrebbero perire e centinaia di migliaia di donne e bambini brucerebbero e soccomberebbero nei bombardamenti delle loro città. Anche se ciò dovesse avvenire con sistemi più umani, il colpevole dovrà espiare la sua colpa".

Hitler parla di distruggere una "influenza"; Himmler parla direttamente di eliminare degli individui. Ecco ciò che disse in un discorso ai comandanti delle forze navali a Weimar il 16 dicembre 1943:

"Quando, non importa dove, sono stato obbligato a dare, in un villaggio, l'ordine di marciare contro dei partigiani e contro dei commissari ebraici, allora ho disposto di fare uccidere anche le donne e i bambini di questi partigiani e di questi commissari".

Più tardi, parlando davanti ad alcuni generali il 5 maggio 1944, a Sonthofen, aggiunse:

"In questo conflitto con l'Asia dobbiamo prendere l'abitudine di dimenticare le regole del gioco e i costumi in uso nelle passate guerre europee, per quanto essi ci siano diventati cari e si adattino meglio alla nostra mentalità".

Questa ferocia, sfortunatamente, non era appannaggio di un solo campo.

Il 4 settembre 1940 Hitler dichiarò allo Sportpalast:

"Se l'aviazione inglese getta tre o quattromila chili di bombe, noi ne getteremo cento, centocinquanta, duecento, trecento, quattrocentomila chili e più ancora in una sola notte".

Si tratta di una folle esagerazione delle possibilità di bombarda-mento strategico della Luftwaffe, ma essa mostra quale grado di odio contro i popoli si raggiunse nei due campi.

In risposta, Clifton Fadiman, editore del settimanale "New Yorker" e figura di spicco del Writers War Board, agenzia letteraria semi-ufficiale del governo, domandò nel 1942 agli scrittori "di suscitare un ardente odio contro tutti i tedeschi e non solo contro i dirigenti nazisti".

Poiché questa sortita aveva sollevato delle proteste, Fadiman proseguì: "Il solo modo di farsi capire dai tedeschi è ucciderli. E anche così non credo che capiranno".

Nell'aprile dello stesso anno, facendo l'elogio di un libro di De Sales, The making of tomorrow (Preparando il domani), egli sviluppò il suo concetto razzista e scrisse:

"L'attuale aggressione nazista non è l'opera di un gruppo di gangsters ma piuttosto l'espressione finale dei più profondi istinti del popolo tedesco.

"Hitler è l'incarnazione di forze più grandi di lui. L'eresia che predica è vecchia di duemila anni. In che cosa consiste questa eresia? Né più né meno nella ribellione contro la civiltà occidentale che comincia con Arminio [...] le dimensioni di questa guerra appaiono allora con grande chiarezza".

Egli approvava il suggerimento di Hemingway: "L'unica soluzione finale (the only ultimate settlement) sarà quella di sterilizzare i nazisti, nel senso chirurgico del termine". E ridicolizzava Dorothy Thomson che faceva una distinzione tra i nazisti e gli altri tedeschi.

Non si trattò di un'opinione isolata. Dopo il discorso di Hitler allo Sportpalast il "Daily Herald" di Londra pubblicò un articolo del reverendo C.W. Wipp che dichiarava:

"La parola d'ordine deve essere: "Spazzarli via", e perciò concentrare la nostra scienza nella scoperta di nuovi e più terrificanti esplosivi [...]. Un ministro del Vangelo forse non dovrebbe lasciarsi andare a simili sentimenti, ma io dico francamente che, se potessi, cancellerei la Germania dalla carta geografica. È una razza diabolica che è stata la maledizione dell'Europa durante i secoli".

Fortunatamente, in Inghilterra, si levarono delle proteste contro tali aberrazioni, perché la popolazione, come quella tedesca con la sua grande cultura, non poteva essere confusa con dirigenti sanguinari, fomentatori di odio e di morte.

Nel gennaio 1934 il dirigente sionista Vladimir Ze'ev Jabotinskij dichiarò al giornale ebraico "Natsha Retsch":

"I nostri interessi ebraici esigono l'annientamento definitivo della Germania; il popolo tedesco, nella sua totalità, rappresenta un pericolo per noi".

Quanto a Churchill, egli confidò a Paul Reynaud il 16 maggio 1940: "Affameremo la Germania. Demoliremo le sue città. Bruceremo i suoi raccolti e le sue foreste".

Fonte: Paul Baudouin, Neuf mois au gouvernement,
Parigi, La Table Ronde, 1948, p. 57


Nel 1942 il ministro britannico Lord Vansittart, vero apostolo dell'odio, allo scopo di giustificare il terrore provocato dai bombardamenti inglesi, disse: "Gli unici bravi tedeschi sono i tedeschi morti; dunque che piovano le bombe!".

Nel luglio del 1944 Churchill inviò al suo capo di stato maggiore, generale Hastings Imay, un memorandum di quattro pagine, in cui propose il seguente progetto:

"Voglio che riflettiate molto seriamente sulla questione dei gas asfissianti [...].

"È assurdo, in questo affare, tenere in conto la moralità, dal momento che tutti li hanno utilizzati durante l'ultima guerra, senza che ci fossero proteste da parte dei moralisti e della Chiesa. D'altra parte, allora i bombardamenti di città aperte erano considerati vietati; oggi tutti li praticano come una cosa che va da sé. Si tratta solo di una moda, paragonabile al mutamento della lunghezza delle gonne [...].

"Voglio che si esamini freddamente quanto converrebbe utilizzare dei gas asfissianti [...] non bisogna farsi legare le mani da sciocchi principi [...].

"Potremmo inondare le città della Ruhr, così come altre città tedesche, in modo che la maggioranza della popolazione abbia bisogno di costanti cure mediche [...]. Forse bisognerà attendere qualche settimana o anche qualche mese prima che io vi chieda d'inondare la Germania con i gas asfissianti e, se lo faremo, facciamolo in modo completo. Nel frattempo, vorrei che la questione fosse esaminata freddamente da persone sensate e non da persone travestite da cantori di salmi, guastafeste come se ne trovano qua e là".

Fonte: "American heritage", agosto-settembre 1985

Né Churchill, né Stalin, né Truman presero posto al banco dei criminali di guerra. Non più, d'altra parte, di quanto furono chiamati in causa gli autori dei più ignobili appelli al crimine. Citeremo solo due esempi, tra i più deliranti: l'appello a un "genocidio", questa volta nel vero senso della parola, lanciato nel 1941 con il libro dell'ebreo americano Theodor N. Kaufman, Germany must perish (La Germa-nia deve morire) la cui tesi principale è la seguente: "I tedeschi (quali che siano: antinazisti, comunisti o anche filosemiti) non meritano di vivere. Di conseguenza dopo la guerra si mobiliteranno 20.000 medici perché ognuno sterilizzi 25 tedeschi al giorno, di modo che in tre mesi non ci sarà un solo tedesco capace di riprodursi e in 60 anni la razza tedesca sarà totalmente eliminata".

Si trattò di una bravata che alimentò l'antisemitismo: Hitler fece leggere dei brani di questo libro da tutte la stazioni radio.

In secondo luogo, Ilja Erenburg nel suo Appello all'Armata Rossa, pubblicato nell'ottobre 1944, scrisse:

"Uccidete! Uccidete! Tra i tedeschi non ci sono innocenti, né tra i vivi, né tra chi deve nascere! Eseguite le istruzioni del compagno Stalin schiacciando per sempre la bestia fascista nella sua tana. Spezzate con la violenza l'orgoglio delle donne germaniche. Prende-tele come legittimo bottino. Uccidete, uccidete, valorosi soldati dell'Armata Rossa, nel vostro irresistibile assalto" (citato dall'ammiraglio Dönitz, Dix ans et 20 jours, pp. 343-344).

Costoro non figurarono tra gli accusati di Norimberga, non più dei capi di Stato che li avevano protetti. Né vi figurarono i responsabili anglo-americani del bombardamento su Dresda che fece 200.000 vittime civili e senza alcun interesse militare, giacché l'esercito sovietico aveva oltrepassato quell'obiettivo.

Né vi prese posto Truman, colpevole dell'apocalisse atomica di Hiroshima e di Nagasaki che provocò 300.000 vittime civili, anche in questo caso senza necessità militare, perché la resa del Giappone era già stata decisa dall'imperatore.

Non toccò nemmeno a Berija e a Stalin, che scaricarono sulle spalle dei tedeschi il massacro di migliaia di ufficiali polacchi a Katyn.

* * *

Questa procedura derivò dagli stessi principi (o meglio dalla stessa assenza di principi) alla base della scelta degli accusati solo tra i vinti.

Lo statuto del Tribunale di Norimberga fu così definito:

"Articolo 19: Il tribunale non sarà legato dalle regole tecniche relative all'amministrazione delle prove. Esso adotterà e applicherà, per quanto possibile, una procedura rapida e non formale e ammetterà ogni metodo che riterrà dotato di valore probante.

"Articolo 21: Il tribunale non esigerà che siano prodotte le prove riguardanti fatti di notorietà pubblica, ma le riterrà acquisite. Allo stesso modo riterrà prove autentiche i documenti e i rapporti ufficiali dei governi degli alleati".

Tale è il mostro giuridico, le cui decisioni devono essere canonizzate con i criteri di un'intoccabile verità storica, secondo la legge Gayssot-Fabius del 13 luglio 1990.

Questo testo inserisce infatti nella legge sulla libertà di stampa del 1981 un articolo, il 24 bis, che dice:

"Saranno puniti con le pene previste dal sesto comma dell'articolo 24 coloro che avranno contestato, con uno dei mezzi elencati all'articolo 23, l'esistenza di uno o più crimini contro l'umanità così come sono definiti dall'articolo 6 dello statuto del Tribunale Militare Internazionale allegato all'accordo di Londra dell'8 agosto 1945 e che siano stati commessi sia dai membri di una organizzazione dichiarata fuorilegge in base all'articolo 9 del detto statuto, sia da un individuo riconosciuto colpevole di tali crimini da un tribunale francese o internazionale.

"Il tribunale potrà inoltre ordinare:

"1 L'applicazione della sua decisione nelle condizioni previste dall'articolo 51 del Codice penale;

"2 la pubblicazione di questa o di un comunicato nelle condizioni previste dall'articolo 51-1 del Codice penale, senza che le spese relative possano superare il massimo dell'ammenda applicata".

* * *

La prassi del Tribunale di Norimberga sollevò obiezioni anche tra i giuristi americani di più alto livello: quelli della Corte suprema.

A cominciare dal giudice Jackson che ne fu il presidente. Lo storico inglese David Irving, che riconobbe di averlo mal giudicato in un primo momento, fornisce questa testimonianza:

"Dei giudici rinomati, in tutto il mondo, si vergognerebbero della procedura di Norimberga. Certamente il giudice Robert H. Jackson, presidente americano degli accusatori, ebbe vergogna di quella procedura; ciò è evidente dal suo diario che io ho letto.

"Ho avuto il privilegio di accedere alle Memorie (del giudice Jackson) alla Biblioteca del Congresso [...]. Poco tempo dopo che Robert H. Jackson ebbe ricevuto dal presidente Truman l'incarico di dirigere i giudici americani al processo di Norimberga (maggio 1945), egli venne a conoscenza dei piani americani sui bombardamenti atomici e si trovò a disagio nel compito che gli era stato assegnato: perseguire, a nome di una nazione, atti che anch'essa avrebbe compiuto, poiché era cosciente che gli Stati Uniti stavano per commettere un crimine ancora più grande" (33.9392 e 9394).

Riferendosi al libro Pilier de la loi di Alpheus Thomas Mason dedicato ad Harlan Fiske Stone (questi era a capo della Corte suprema degli Stati Uniti), l'avvocato Christie cita le pagine 715-716, dove viene utilizzato uno scritto di Fiske Stone al direttore della rivista "Fortune" nel quale non solo egli disapprovava il metodo, ma riteneva che si trattasse di un "linciaggio in grande scala" (high-grade lynching party in Nuremberg) (5.995-996).

Il giudice Wennerstrum, della Corte Suprema degli Stati Uniti, fu così disgustato dalla procedura che rifiutò la nomina e tornò in Ame-rica, dove espose sulla "Chicago Tribune" le sue obiezioni: il 60% dei membri della direzione del processo erano ebrei, così come gli interpreti (23.5915-5916). "Quanto ai principali accusati: Höss, Streicher, Pohl, essi sono stati torturati" (23.5919).

In virtù dello statuto di Norimberga, che accettava come prove tutte le dichiarazioni degli alleati, il rapporto sovietico su Katyn, che accusava i tedeschi del massacro di 11.000 ufficiali polacchi, fu dichiarato "prova autentica" indiscutibile l'8 agosto 1945.

Fonte: Trial of the Major War Criminals, cit., XXXIX, documento URSS 54

Il procuratore generale sovietico, generale Rudenko, poté dire, a norma dell'articolo 21 dello statuto (del Tribunale di Norimberga): "ciò non sarà oggetto di contestazione" (op. cit., XV, p. 300).

Il 13 aprile 1990 la stampa internazionale ha annunciato che il crimine di Katyn fu commesso da Berija e dalle autorità sovietiche. Il professor Naville, dell'università di Ginevra, esaminando i cadaveri, aveva trovato nelle loro tasche dei documenti del 1940 comprovanti che l'esecuzione aveva avuto luogo in quella data. Nel 1940 la regione di Smolensk era occupata dai sovietici.

* * *

Per attenerci al nostro tema, cominceremo ad esaminare una delle controverità che ancora oggi, dopo più di mezzo secolo, provoca la maggior parte dei danni, nel mondo e non solamente nel Vicino-Oriente: "il mito dei 6 milioni di ebrei sterminati", divenuto un dogma che giustifica e sacralizza (come implica la parola stessa "olocausto") tutte le prevaricazioni dello Stato d'Israele in Palestina, nel Vicino-Oriente, negli Stati Uniti e, attraverso gli Stati Uniti, nel complesso della politica mondiale, mettendo Israele stesso al di sopra di ogni legge internazionale.

Il tribunale di Norimberga ha ufficializzato questa cifra che non ha mai smesso, da allora, di servire alla manipolazione dell'opinione pubblica attraverso i media, attraverso la letteratura e il cinema, e perfino attraverso i testi scolastici. Ora, questa cifra non si basa che su due testimonianze: quella di Höttl e quella di Wisliceny.

Ecco cosa dichiarò ai giudici di Norimberga il primo, l'Obersturm-bannführer dott. Wilhelm Höttl, capo di una sezione aggiunta del-l'Ufficio centrale di sicurezza del Reich: "Nell'aprile 1944 l'SS Ober-sturmbannführer Adolf Eichmann, che io conoscevo dal 1938, ebbe un incontro con me nel mio appartamento a Budapest [...]. Egli sapeva di essere considerato un criminale di guerra dalle nazioni alleate, poiché aveva sulla coscienza migliaia di vite ebraiche. Gli domandai quante ne avesse e mi rispose che, sebbene il numero fosse un grande segreto, me lo avrebbe detto perché dalle informazioni in suo possesso era arrivato alla seguente conclusione: nei differenti campi di sterminio erano stati uccisi circa 4 milioni di ebrei, mentre due milioni avevano trovato la morte in altro modo".

Fonte: Trial of the Major War Criminals, cit., IV, p. 657

Wisliceny, per parte sua, raccontò: "Egli (Eichmann) diceva che sarebbe saltato dalla gioia nella tomba, perché l'impressione di avere cinque milioni di persone sulla coscienza sarebbe stata per lui fonte di straordinaria soddisfazione" (op. cit.).

Su queste due testimonianze lo stesso Poliakov ha detto: "Si potrebbe obiettare che una cifra così imperfettamente stabilita debba considerarsi sospetta".

Fonte: "Revue d'Histoire de la seconde guerre mondiale", ottobre 1956

Il giornale ebraico di New York "Der Aufbau" segnalava il 30 giugno 1965 che in questa data 3 milioni e 375.000 persone avevano fatto domanda di "riparazione" per i danni subiti al tempo della dominazione di Hitler. Aggiungiamo che la principale testimonianza, la più completa e la più precisa è quella di Höttl, agente dell'Intelligence Service.

Fonte: "Week end", 25 gennaio 1961
Questa rivista inglese reca in copertina il ritratto di
Höttl con la didascalia: ""Storia di una spia" più
strana che la fiction: questo amico dei dirigenti
nazisti aveva come boss un uomo dei servizi segreti inglesi"

Confermando le obiezioni dei grandi giuristi della Corte suprema degli Stati Uniti e di molti altri a proposito delle anomalie giuridiche del Tribunale di Norimberga, esporremo, a titolo di esempio, solo le violazioni delle regole che sono fondamentali in ogni vero processo.

1. L'accertamento e la verifica dell'autenticità dei documenti prodotti.

2. L'analisi del valore delle testimonianze e delle condizioni nelle quali furono ottenute.

3. L'esame scientifico dell'arma del crimine per stabilire il suo funzionamento e i suoi effetti.

 

I documenti

I testi fondamentali, decisivi per stabilire in che cosa poteva consistere la "soluzione finale", sono, in primo luogo, gli ordini di stermino attribuiti ai più importanti responsabili: Hitler, Göring, Heydrich e Himmler, e le norme impartite per la loro esecuzione. Innanzi tutto la direttiva di Hitler sullo "sterminio". Malgrado gli sforzi dei teorici del genocidio e dell'olocausto non ne fu mai trovata traccia.

Olga Wurmser-Migot scrisse nel 1968: "Come non esiste un ordine chiaramente scritto per lo sterminio col gas ad Auschwitz, non esiste l'ordine di cessarlo nel novembre 1944". E precisò: "Né al processo di Norimberga, né ai processi di zona, né a quello di Höss a Cracovia, o di Eichmann in Israele, né al processo dei comandanti dei campi, né dal novembre 1966 all'agosto 1975 al processo di Francoforte (accusati di Auschwitz della II zona), è stato prodotto l'ordine firmato da Himmler, del 22 novembre 1944, sull'interruzione dello sterminio degli ebrei tramite gas, nel quale si ingiungeva di fermare la "soluzione finale"".

Fonte: Olga Wurmser-Migot, Le système concentrationnaire nazi,
Parigi, PUF, 1968, pp. 544 e 13


Il dottor Kubovy, del Centro di documentazione di Tel Aviv, ammise nel 1960: "Non esiste alcun documento firmato da Hitler, Himmler o Heydrich che parli di sterminare gli ebrei [...]. La parola "sterminio" non appare nella lettera di Göring a Heydrich concernente la soluzione finale della questione ebraica".

Fonte: Lucy Dawidowicz, The War against the Jews,
New York, Holt-Rinehart-Winston, 1975, p. 121

In una conferenza stampa, dopo un colloquio svolto alla Sorbona di Parigi nel febbraio del 1982 per contrastare i lavori critici dei "revisionisti", Raymond Aron e François Furet furono costretti a dichiarare: "malgrado le ricerche più erudite, non si è mai potuto trovare un ordine di Hitler per sterminare gli ebrei".

Del 1981 è l'ammissione di Laqueur: "Fino ad oggi non si è trovato l'ordine scritto di Hitler mirante alla distruzione della comunità ebraica europea e, con ogni probabilità, quest'ordine non è mai stato dato".

Fonte: Walter Z. Laqueur, The terrible secret,
Francoforte sul Meno-Berlino-Vienna, 1981, p. 190

Malgrado tutto ciò, su istigazione di Vidal-Naquet e di Léon Polia-kov, altri storici hanno firmato la seguente dichiarazione:

"Non è necessario domandarsi come, tecnicamente, sia stato possibile un tale omicidio di massa. È stato possibile tecnicamente perché ha avuto luogo. Questo è il punto obbligato dal quale partire per tutte le ricerche storiche sull'argomento. È nostro compito ricordare semplicemente questa verità: non c'è e non può esserci dibattito sull'esistenza delle camere a gas".

Non è necessario domandarsi...

il punto obbligato dal quale partire...

non può esserci dibattito...

Tre divieti, tre tabù, tre limiti definitivi alla ricerca.

Questo testo segna una data effettivamente "storica" nella storia della storia: il "fatto" che si vuole stabilire è posto, al di là di ogni ricerca e di ogni critica, come verità assoluta e intangibile e vieta, grazie a tre imperativi redibitori, ogni ricerca e ogni critica verso il giudizio che, all'indomani di una vittoria, è stato espresso dai vincitori.

Tuttavia la storia, se intende rispettare uno statuto scientifico, deve essere una continua ricerca, che rimetta in causa anche quello che si credeva definitivamente stabilito, come nel caso del postulato di Eu-clide o delle leggi di Newton.

Ecco un esempio ben noto:

"Il Comitato Internazionale di Auschwitz nel novembre 1990 voleva sostituire la targa commemorativa di Auschwitz, che indicava "4 milioni di morti" con un'altra, che menzionava "più di un milione di morti". Il dottor Maurice Goldstein, presidente di quel comitato, si oppose".

Fonte: "Le Soir", Bruxelles, 19-20 ottobre 1991, p. 16

Di fatto il dottor Goldstein non contestava la necessità di cambiare la vecchia targa, ma desiderava che la nuova non riportasse un numero, perché sapeva che, probabilmente, sarebbe stato necessario, entro breve tempo, diminuire la cifra indicata.

La targa all'entrata del campo di Birkenau presentava, dunque, questa iscrizione fino al 1994:

"Qui, dal 1940 al 1945, quattro milioni di uomini, di donne e di bambini sono stati torturati e uccisi dagli assassini hitleriani".

Grazie all'azione del Comitato internazionale del museo di Stato di Auschwitz, presieduto dallo storico Wladislaw Bartoszewski e comprendente ventisei membri di tutte le nazionalità, il testo è stato modificato in un senso meno lontano dalla verità:

"Che questo luogo, dove i nazisti hanno assassinato un milione e mezzo di uomini, di donne e di bambini, in maggioranza ebrei dei vari paesi d'Europa, sia per sempre, per l'umanità, un grido di disperazione e un avvertimento".

Fonte: Luc Rosenzweig, "Le Monde", 27 gennaio 1995

L'esempio mostra che la storia, per sfuggire al terrorismo intellettuale dei predicatori dell'odio, esige una continua "revisione". Essa è revisionista oppure non è che propaganda contraffatta.

Torniamo, dunque, alla storia propriamente detta, critica, "revisionista", vale a dire fondata sull'analisi dei documenti, sulla verifica delle testimonianze e sulle perizie relative all'arma del crimine.

Soffermiamoci, in primo luogo, su ciò che concerne gli ebrei nel programma del partito nazionalsocialista (NSDAP).

Il problema è affrontato al Punto 4: "Possono avere nazionalità tedesca soltanto coloro che sono cittadini a pieno diritto e sono cittadini a pieno diritto coloro che hanno sangue tedesco, senza discriminazione confessionale. Quindi nessun ebreo può essere cittadino a pieno diritto".

Staatsburger stava per cittadino e Volksgenosse stava per cittadino a pieno diritto in quanto membro di una comunità omogenea.

Più avanti, al punto 5, troviamo:

"Colui che non possiede la nazionalità tedesca non potrà vivere in Germania che in qualità di ospite (Gast) e dovrà rispettare la legislazione in vigore riguardante il soggiorno degli stranieri".

Il punto 7 riguarda il divieto di soggiorno nel Reich, in speciali condizioni, per coloro che non possiedono la nazionalità tedesca; il punto 8 esige il blocco della nuova immigrazione di non tedeschi e l'espulsione immediata di tutti i non tedeschi entrati in Germania dopo il 2 agosto 1914. Questo ultimo punto è chiaramente indirizzato contro gli ebrei dell'Est, arrivati numerosi nel Reich durante e dopo la prima guerra mondiale.

Anche il punto 23 affronta questo problema: esso stabilisce che gli ebrei non avranno il diritto di lavorare nella stampa, mentre il punto 24 afferma che il partito lotta contro lo "spirito materialista ebraico".

 

Gli ordini di Hitler sullo sterminio degli ebrei

Nel suo libro La destruction des juifs d'Europe Raul Hilberg, nel 1961, nella prima edizione, scrisse che vi furono due ordini di sterminio da parte di Hitler: uno nella primavera del 1941 (aggressione alla Russia) e l'altro qualche mese più tardi.

Ma nel 1985 "nella seconda edizione, riveduta, tutti i riferimenti agli ordini o alle decisioni di Hitler relativi alla "soluzione finale" sono stati sistematicamente soppressi".

Fonte: The Revised Hilberg, "Simon Wiesenthal Annal",
III, 1986, p. 294

Nell'edizione del 1961 si leggeva alla pagina 171: "Come si arrivò alla fase in cui si decretava la morte? Essenzialmente con due decisioni di Hitler. Un ordine fu dato nella primavera del 1941".

In quali termini sono stati dati questi ordini?

Hilberg: "Secondo il generale Jodl, che scrisse il documento che cito, i termini furono i seguenti: Hitler ha detto di volere che i commissari bolscevichi ebrei siano liquidati. Questo è il primo punto [...]. Tale era il contenuto dell'ordine descritto dal generale Jodl [...]. L'or-dine era orale".

Così: Hilberg ha detto che il generale Jodl aveva detto che Hitler aveva detto...!

Dalle sue prime diatribe antisemitiche in Mein Kampf Hitler proclama la volontà di espellere gli ebrei dalla Germania. Terremo in considerazione, d'ora in avanti, solo i testi tedeschi che usano l'espressione "soluzione finale", allo scopo di ottenerne una definizione precisa.

Il 24 giugno 1940, dopo la vittoria sulla Francia, Heydrich, in una lettera a Ribbentrop, ministro delle finanze, parla di "una soluzione finale territoriale" (eine territoriale Endlösung).

Fonte: Gerald Flemming, Hitler und die Endlösung,
Wiesbaden-Monaco, 1982, p. 56

L'ipotesi è di creare fuori dall'Europa una "riserva" ebraica e Rib-bentrop suggerisce, allora, il "progetto Madagascar".

Nel luglio 1940 il responsabile degli affari ebraici, Franz Rademacher, riassume così questa direttiva: "Tutti gli ebrei fuori dall'Europa!"

Fonte: Joseph Billig, La solution finale de la question juive,
Parigi, CDJC, 1977, p. 58


Questa "soluzione finale territoriale" corrispondeva, in effetti, alla nuova situazione della Germania, che ormai dominava l'Europa: non era più sufficiente espellere gli ebrei dalla Germania.

Il responsabile del progetto di "soluzione finale" attraverso la deportazione di tutti gli ebrei europei in Madagascar, Rademacher, fa notare che la realizzazione richiederà quattro anni e, a proposito della sua copertura finanziaria, specifica: "La realizzazione della soluzione finale proposta esige mezzi considerevoli".

Fonte: NG 2586

 

La lettera di Göring a Heydrich del 31 luglio 1941

Heydrich domanda a Göring: "Nel 1939 mi avete dato ordine di prendere delle misure concernenti la questione ebraica. Devo adesso estendere il compito, che allora mi avete assegnato, ai nuovi territori di cui ci siamo impadroniti in Russia?".

Anche qui niente sull'assassinio degli ebrei. Si tratta solo del loro trasferimento geografico, che tenga semplicemente conto delle nuove condizioni (33.9373-9374) [*].

L'unica "soluzione finale" consisteva, dunque, nello svuotare l'Europa dagli ebrei, allontanandoli sempre di più, fino a che la guerra (supponendone la vittoria) avesse permesso di sistemarli tutti in un ghetto fuori dall'Europa (come suggeriva il progetto Madagascar).

L'ipotesi del linguaggio in codice è insostenibile, dal momento che, per ciò che riguarda gli altri crimini, i documenti esistono e sono chiari: l'eutanasia, l'ordine di uccidere i commandos britannici, di linciare gli aviatori americani e di sterminare la popolazione maschile di Stalingrado se la si fosse occupata. "Per tutti questi crimini i documenti ci sono. Allora, come mai solo in questo caso non c'è niente, né gli originali degli ordini né le copie", né, aggiungiamo, le circolari applicative necessarie? (33.9375-9376)

"Nel gennaio 1942 Reynhard Heydrich, capo della Gestapo, aveva informato i dirigenti di Berlino che il Führer aveva deciso l'evacuazione di tutti gli ebrei verso i territori dell'Est, sostituendo così la deportazione precedentemente progettata" (34.9544).

In una nota che circolò nel marzo 1942 nell'ufficio di Heydrich i ministri erano informati del fatto che gli ebrei europei dovevano essere concentrati all'Est "in attesa di poter essere inviati dopo la guerra in un territorio lontano, come il Madagascar, che sarebbe diventato la loro sede nazionale" (34.9545-9546).

_______________

[*] I riferimenti ridotti a un numero rinviano al processo di Toronto del 1988, nell'edizione del resoconto curata da Barbara Kulaszka nell'agosto 1992.

Poliakov nota: "fino al suo abbandono, il "Piano Madagascar" fu alle volte designato dai dirigenti tedeschi sotto il nome di "soluzione finale" della "questione ebraica"".

Fonte: Léon Poliakov, Le Procès de Jérusalem, Parigi, 1963, p. 152

Per sostenere a tutti costi la tesi dello sterminio fisico è stato necessario, quindi, trovare un sotterfugio: "Soluzione finale del problema ebraico fu una delle frasi convenzionali per designare il piano hitleriano di sterminio degli ebrei europei".

Fonte: Gerald Reitlinger, La solution finale, p. 19

Del resto non c'è alcuna giustificazione per l'ipotesi del linguaggio codificato, che permetterebbe di far dire ciò che si vuole a qualsiasi documento.

Ecco due esempi:

Il primo è la lettera di Göring del 31 luglio 1941 (un mese dopo la lettera di Heydrich sopra citata il significato delle parole sarebbe bruscamente cambiato!).

Tramite questo scritto Göring completa le sue direttive a Heydrich: "In aggiunta al compito che vi è stato assegnato col decreto del 24 gennaio 1939, vale a dire ricercare per la questione ebraica, attraverso l'emigrazione e attraverso l'evacuazione, la soluzione più vantaggiosa riguardo alle circostanze, vi incarico con la presente, di procedere a tutti i preparativi necessari [...] per arrivare a una soluzione d'insieme (Gesamtlösung) della questione ebraica nella zona d'influenza tedesca in Europa [...]. Vi incarico di sottoporre rapidamente un progetto d'insieme (Gesamtentwurf) basato sulle misure organizzative e sulle disposizioni concrete e materiali per realizzare la soluzione finale della questione ebraica (Endlösung der Judenfrage) alla quale aspiriamo".

Fonti: R. Hilberg, La destruction des juifs d'Europe,
II edizione, Parigi, Fayard, 1988, p. 401;
NG 2586 - EPS 710

È significativo che Reitlinger, citando questa lettera (a p. 108 del suo libro), sopprima l'inizio riguardante l'emigrazione e l'evacuazione, mentre essa prescrive proprio il rafforzamento delle misure di espulsione prese nel momento in cui Hitler dominava solo la Polonia (gennaio 1939) e non ancora la Francia, mentre nel luglio 1941 controllava tutta l'Europa.

Il significato del testo di Göring è, tuttavia, perfettamente chiaro dai primi paragrafi: la politica per l'emigrazione e per l'evacuazione degli ebrei, praticata fino a quel momento in Germania, doveva estendersi ormai, in ragione delle recenti conquiste, a tutte le regioni poste sotto la dominazione tedesca in Europa. La "soluzione d'insieme" tiene conto della nuova situazione. Essa non potrà essere una "soluzione finale" se non dopo il termine della guerra, quando, in caso di vittoria in Europa (Russia compresa), un'evacuazione finale in Africa o altrove permetterà, secondo l'obiettivo costante di Hitler, "di svuotare l'Europa dai suoi ebrei".

Riassumendo, la direttiva di Göring a Heydrich, a meno che non la si voglia interpretare arbitrariamente in funzione di uno schema preconcetto, non fa che applicare all'Europa quello che fino ad allora si era potuto applicare solo alla Germania. Obiettivo senza alcun dubbio disumano e criminale, ma che non comporta in alcun momento l'idea di "sterminio" attribuitagli dal procuratore di Norimberga Robert M.W. Kempner, che dichiarò: "Con queste frasi Heydrich e i suoi collaboratori erano ufficialmente incaricati dell'assassinio legale [degli ebrei]". Göring, che protestò contro la traduzione inglese della parola tedesca Gesamtlösung, soluzione d'insieme, come "soluzione finale" (Endlösung), costrinse il procuratore Jackson ad ammettere la falsificazione e a ristabilire il vero significato dell'espressione.

Fonte: Trial of the Major War Criminals, cit., IX, p. 575

Fin dal 24 giugno 1940 Heydrich aveva informato Ribbentrop del suo desiderio di realizzare al più presto la "soluzione finale". Egli scriveva: "Il problema globale, rappresentato dall'attuale presenza di circa 3.250.000 di ebrei nei territori posti sotto sovranità tedesca, non può più essere risolto con l'emigrazione: una soluzione finale territoriale diviene quindi necessaria".

Fonte: Documento n. 464 del processo Eichmann a Gerusalemme

In quello stesso periodo Himmler aveva spedito a Hitler una nota che concludeva: "Spero di vedere la questione ebraica definitivamente risolta, grazie all'emigrazione di tutti gli ebrei verso l'Africa o in una colonia".

Fonte: "Vierteljahreshefte", 1957, p. 197

Hitler seguì questo suggerimento quando il responsabile dell'ufficio Deutschland III al ministero degli affari esteri, Rademacher, scrisse in una lettera ufficiale del 10 febbraio 1942:

"Nel frattempo la guerra contro l'Unione Sovietica ci ha permesso di disporre di nuovi territori per la soluzione finale. Di conseguenza il Führer ha deciso di spostare gli ebrei non in Madagascar, ma verso l'Est. Così non c'è più bisogno di tenere in considerazione il Mada-gascar per la soluzione finale".

Fonte: Documento NG 3933 del processo della Wilhelmstrasse
Reitlinger The final solution, cit., p. 79
lo interpreta ancora in senso di "fiction" o "mascheramento"
senza darne la minima giustificazione

L'espressione originale è in realtà die Gesamtlösung der Judenfrage o la soluzione d'insieme sulla quale non si sarebbe più tornati. Ma Göring, che la impiegò per la prima volta nel primo paragrafo di una lettera datata 31 luglio 1941, con la quale dava a Heydrich l'ordine di prepararla (Trial of the Major War Criminals, cit., XXVI, PS 710, p. 266), usò nell'ultimo paragrafo l'espressione die Endlösung der Ju-denfrage e quest'ultima prevalse, ma con lo stesso senso e non con quello di liquidazione del problema attraverso l'eliminazione di coloro che ne erano l'oggetto. Colto in flagrante delitto di traduzione tendenziosa dallo stesso Göring, il giudice Jackson dovette convenirne a Norimberga il 20 marzo 1946 (op. cit., IX, p 552). Ma di questo incidente, che distruggeva tutta una teoria, la stampa non fece parola.

Il secondo esempio di cambiamento arbitrario del senso delle parole per giustificare una tesi è quello della conferenza detta di Wannsee tenuta a Berlino il 20 gennaio 1942.

Dall'inizio della riunione Heydrich ricorda che è stato appena nominato "al posto di responsabile incaricato della preparazione della soluzione finale della questione ebraica in Europa (Endlösung der europäischen Judenfrage)". Egli sarà ormai il responsabile del complesso di misure necessarie alla soluzione finale della questione ebraica "senza considerazione dei limiti geografici" (corsivo mio R.G.).

Heydrich riassume in seguito la politica anti-ebraica seguita fino ad allora:

a) Il raggruppamento degli ebrei fuori dalle sfere vitali del popolo tedesco.

b ) Il raggruppamento degli ebrei fuori dagli spazi vitali del popolo tedesco.

Dopo la folgorante avanzata della Reichswehr sul fronte orientale (Unione Sovietica), Heydrich prende atto di questa nuova situazione: "Con l'autorizzazione preliminare del Führer, l'emigrazione ha lasciato il posto a un'altra soluzione possibile: l'evacuzione degli ebrei verso l'Est" (corsivo mio R.G.).

"Queste azioni non si potrebbero tuttavia considerare che come dei palliativi, ma le esperienze pratiche già fatte in questo campo sono molto importanti per la futura soluzione finale della questione ebraica".

Fonte: NG 2586 G

La soluzione finale, in effetti, non poteva essere messa in atto prima della fine della guerra e questa soluzione fu sempre cercata nella stessa direzione: l'espulsione di tutti gli ebrei dall'Europa. Fu ciò che disse espressamente Hitler ad Abetz, ambasciatore a Parigi, comunicandogli che l'intenzione di evacuare tutti gli ebrei d'Europa dopo il conflitto.

Fonte: Documents on German Foreign Policy 1918-1945,
Serie D, X, p. 484

 

Il protocollo di Wannsee (20 gennaio 1942)

Il verbale della conferenza di Wannsee recita:

"Nel corso della soluzione finale gli ebrei saranno instradati, sotto appropriata sorveglianza, verso l'Est, al fine di utilizzare il loro lavoro. Saranno separati in base al sesso. Quelli in grado di lavorare saranno condotti in grosse colonne nelle regioni di grandi lavori per costruire strade, e senza dubbio un grande numero morirà per selezione naturale. Coloro che resteranno, che certo saranno gli elementi più forti, dovranno essere trattati di conseguenza, perché rappresentano una selezione naturale, la cui liberazione dovrà essere considerata come la cellula germinale di un nuovo sviluppo ebraico (come mostra l'esperienza della storia)" (13.3133).

Irving: "Ho letto i resoconti del processo della Wilhelmstrasse, il secondo dopo quello di Norimberga. In seguito ve ne sono stati dodici. Nessuno di essi ha provato che alla conferenza di Wannsee si sia discusso dell'eliminazione degli ebrei" (33.9372-9373).

Il protocollo di Wannsee è il resoconto di una conferenza alla quale parteciparono i segretari di Stato amministrativamente interessati alla soluzione della questione ebraica e i capi dei servizi incaricati della sua realizzazione. Si tratta di un testo in cui non si parla né di camere a gas né di sterminio, ma solo di trasferimento degli ebrei nell'Est europeo.

Questo resoconto presenta, d'altra parte, tutte le caratteristiche di un documento apocrifo, se ci si riferisce alla fotocopia che è stata pubblicata nel libro di Robert N.W. Kempner, Eichmann und Kom-plizen, Francoforte sul Meno, Europa Verlag, 1961, pp. 132 s.: nessun timbro, nessuna data, nessuna firma, caratteri di una normale macchina da scrivere su carta di formato ridotto, ecc.

In ogni caso non vi si parla di camere a gas.

Nelle versioni francesi che ne sono state date, per esempio, si è tradotta la frase "die Züruckdrängung der Juden aus dem Lebensraum des deutschen Volkes" con "l'eliminazione degli ebrei dallo spazio vitale dei tedeschi", dando, nei commenti, alla parola "eliminazione" il senso di "sterminio", mentre si tratta di "cacciata degli ebrei fuori dallo spazio vitale del popolo tedesco". Si è proceduto allo stesso modo nelle traduzioni in inglese e in russo.

Tuttavia i tedeschi, per esprimere la loro decisione di cacciare gli ebrei fuori da quello che essi chiamavano il loro spazio vitale, impiegarono più volentieri altre espressioni con lo stesso senso, come Auschaltung (esclusione, evizione, eliminazione) o, soprattutto, Aus-rottung (estirpazione, sradicamento). Quest'ultima parola è stata tradotta con sterminio che in tedesco si dice invece Vernichtung. Esempio: a Posen il 4 ottobre 1943 Himmler disse agli Obergrup-penführer (generali di divisione delle Waffen SS): "Ich meine jetz die Judenevakuierung, die Ausrottung des jüdischen Volkes [...]. Das jüdische Volk wird ausgerotten", ecc. Precisando il suo pensiero nella frase seguente, egli usò la parola Auschaltung (Trial of the Major War Criminals, cit., XXIX, PS 1919, p. 145). Letteralmente: "Io penso ora all'evacuazione degli ebrei, all'estirpazione del popolo ebraico". Ma nel Dossier Eichmann Billig traduce: "Io intendo, con ciò, l'evacuazione degli ebrei, lo sterminio del popolo ebraico" (p. 55) e "evacuazione degli ebrei, vale a dire sterminio" (p. 47).

Altro esempio:

In una nota del 16 dicembre 1941 Rosenberg, a proposito di uno dei suoi incontri con Hitler (Trial of the Major War Criminals, cit., XXVII, PS 1517, p. 270) usa l'espressione "Ausrottung des Judentum". Nell'udienza del 17 aprile 1946 l'avvocato generale americano Dodd tradusse "sterminio degli ebrei" (op. cit., XI, p. 562). Rosenberg protestò invano. Ma, nei discorsi dei nazisti, l'espressione "Ausrottung des Christentums", che appare spesso, è tradotta ogni volta con "estirpazione del cristianesimo dalla cultura tedesca" (cfr "Revue d'Histoire de la seconde guerre mondiale", 1 o ottobre 1958, p. 62). La parola Ausrottung significherebbe sterminio solo quando si tratta di ebraismo (Judentum) o di popolo ebraico (das jüdische Volk).

La conferenza di Wannsee del 20 gennaio 1942, nella quale si è preteso, durante più di un terzo di secolo, che fosse stata presa la decisione di "sterminare" gli ebrei europei, sparì a partire dal 1984 anche dalla letteratura dei più feroci nemici dei "revisionisti". Su questo punto avevano dovuto anch'essi "revisionare" la loro storia: al congresso di Stoccarda del maggio 1984 questa "interpretazione" fu abbandonata.

Fonte: Eberhard Jackerl e Jurgen Rohwer,
Der Mord an den Juden im Zweiten Weltkrieg,
(La morte degli ebrei durante la seconda guerra mondiale),
DVA, 1985, p. 67

Nel 1992 Yehuda Bauer ha scritto sul "Canadian Jewish News" del 30 gennaio che questa interpretazione di Wannsee è "stupida" (silly).

Infine il più recente portavoce degli storici ortodossi, antirevisionisti, il farmacista Jean-Claude Pressac, conferma questa nuova versione dell'ortodossia. Egli scrive a pagina 35 del suo libro Les crématoires d'Auschwitz. La machinerie du meurtre de masse, Parigi, CNRS, 1993:

"Il 20 dicembre si tenne a Berlino la conferenza di Wannsee: se un'azione per "ricacciare indietro gli ebrei verso Est fu certo prevista, con l'evocazione di una eliminazione "naturale" attraverso il lavoro, nessuno parlò allora di liquidazione industriale. Nei giorni e nelle settimane che seguirono, la Bauleitung di Auschwitz non ricevette né un richiamo, né un telegramma né una lettera che reclamassero lo studio di una istallazione adatta a questo scopo".

E anche nella sua Chronologie récapitulative egli, alla data del 20 gennaio 1942, indica: "Conferenza di Wannsee sull'evacuazione e la cacciata degli ebrei verso l'Est" (p. 114).

Lo "sterminio" è stato revisionato: si tratta di "cacciata".

È ugualmente rimarchevole come, in tutto questo libro, che si propone l'obiettivo di "provare" la tesi dello sterminio, non si faccia più parola del documento che, oltre a quello di Wannesee, era, si dice, il più determinante: la lettera di Göring a Heydrich del 31 luglio 1941, rispetto alla quale si affermava che "soluzione finale" significava "sterminio" e non trasferimento fuori dall'Europa.

All'epoca del processo di Toronto, nel 1988, ci furono anche delle controversie sul ruolo delle Einsatzgruppen, sorta di corpi franchi destinati dall'alto comando hitleriano ad annientare i gruppi di partigiani che si formarono a partire dalla folgorante avanzata tedesca su Mosca e che avevano il compito di distruggere i depositi di benzina, i centri di rifornimento, e i mezzi di comunicazione per disorganizzare le retrovie dell'esercito tedesco. Questa resistenza si rivelò così efficace che Hitler diede ordini severissimi alle Einsatzgruppen per eliminare i dirigenti e i commissari politici dei partigiani. Tra questi commissari politici svolsero un ruolo importante e affrontarono la morte numerosi ebrei.

Al processo di Toronto fu ampiamente evocata la partecipazione di questi eroici ebrei alla resistenza contro l'hitlerismo.

L'avvocato di Zündel, Christie, tenne a far precisare allo storico Hilberg il senso degli ordini nazisti a questo proposito:

"Christie: L'ordine dato alle Einsatzgruppen dice: Annientare i commissari bolscevichi ebrei? E voi interpretate che questo significhi: Annientare il popolo ebraico e i suoi commissari ebraici? È esatto?

"Hilberg: Esatto.

"Christie: È stato detto dunque, secondo voi, che non si trattava di uccidere gli ebrei ma i commissari politici giudeo-bolscevichi.

"Hilberg: L'ordine dato a Himmler è di "risolvere il problema" (4-839).

"Christie: Si tratta del problema dei commissari politici giudeo-bolscevichi. Che non significa problema ebraico... Non c'era una guerra tra il comunismo e il nazismo?

"Hilberg: Sì, e i commissari politici, anima del sistema, dovevano essere fucilati.

"Christie: Questo non significa uccidere gli ebrei che si trovavano laggiù. Hitler pensava che il bolscevismo fosse di origine ebraica e che tutti i commissari fossero ebrei?

"Hilberg: Si trattava di propaganda. Ma era l'intenzione fin dall'inizio, dal 22 giugno 1941.

"Christie: Si tratta dunque di un articolo di fede per voi?

"Hilberg: No. Non è un articolo di fede, è una certezza.

"Christie: Potete mostrarmi il secondo ordine di Hitler?

"Hilberg: Affermo che esiste una direttiva decisiva di Hitler, illustrata da Göring a Heydrich il 31 luglio 1941... è il testo che prepara la conferenza di Wannsee.

"Christie: Era un ordine o una lettera di Hitler?

"Hilberg: No.

"Christie: Nel vostro libro avete scritto: "Hitler ha dato questo secondo ordine". È esatto?

"Hilberg: È esatto.

"Christie torna sul significato della parola "resettlement" (trasferimento) all'Est: "Questo significa un ordine di uccidere tutti gli ebrei?".

"Hilberg: "Trasferimento" era sinonimo di "deportazione degli ebrei nei campi della morte".

"Christie: Non esisteva un piano di deportazione degli ebrei in Madagascar?" (4.855).

* * *

Lo storico inglese David Irving, al processo di Toronto, fornisce sulla "soluzione finale" queste notizie attinte alla fonte:

"La soluzione finale del problema ebraico consisteva nel deportare gli ebrei in vari territori. Una delle ipotesi fu il Madagascar, soprattutto dopo la disfatta della Francia, ma la potenza delle flotte britanniche, poi di quelle americane, rese impossibile realizzare questo progetto.

"Il solo documento che possiedo è una conversazione telefonica del primo ministro Lammers con il Führer, della primavera del 1942, in cui Hitler rispose che la soluzione finale sarebbe stata decisa solo dopo la conclusione della guerra.

"Heinrich Himmler scrisse ai Gauleiters che il Führer, Adolf Hitler, gli aveva dato ordine di ripulire l'Europa dai suoi ebrei da Ovest a Est per tappe. Si trattava evidentemente di deportazione" (33.9351-9352).

"Ma questo non comportava alcun ordine di sterminio degli ebrei. Nessuna direttiva di questo genere è stata data, non se ne trova traccia in nessun archivio del mondo, compresi quelli ebraici che hanno cooperato con me. Devo inoltre sottolineare che negli archivi britannici, dove abbiamo decifrato i codici tedeschi delle unità SS operanti sul fronte dell'Est, nemmeno con le macchine inglesi per decifrare i codici abbiamo trovato qualcosa in cui Hitler impartisce l'ordine di uccidere gli ebrei" (33.9376). Hanno potuto farlo solo gli storici che hanno preteso di leggere tra le righe e nel tradurre hanno dato libero sfogo alla loro indignazione.

* * *

L'avvocato Christie cita la pagina 651 del libro di Hilberg dove si legge: "Nel novembre del 1944 Himmler decise che, per ogni sorta di ragioni pratiche, la questione ebraica era risolta. Il 25 dello stesso mese egli ordinò lo smantellamento di tutte le installazioni di morte".

Fonte: Testimonianza di Kurt Becher, 8 marzo 1946, PS 3762

Hilberg riconosce che questo non fu un ordine di Himmler (4.861-864): "Becher, probabilmente, l'ha riportato a memoria nella sua te-stimonianza. Non c'era quindi bisogno di riprendere il linguaggio preciso usato da Himmler" (4.867).

Una volta di più Hilberg dice che Becher ha detto che Himmler aveva detto...

Ora, al termine di lunghe ricerche storiche, fatte da studiosi di tutte le origini sotto la pressione delle critiche revisionistiche, il direttore dell'Istituto di storia contemporanea del Centro Nazionale della Ricerca scientifica, François Bedarida, riassume questo lavoro su L'evaluation des victimes d'Auschwitz: "La memoria collettiva si è appropriata della cifra di quattro milioni la stessa che, stando a un rapporto sovietico, figurava finora ad Auschwitz sul monumento innalzato in memoria delle vittime del nazismo , mentre a Gerusa-lemme il museo di Yad Vashem indicava un totale molto al disopra della realtà. Tuttavia, dalla fine della guerra, la memoria scientifica si era messa al lavoro. Da queste pazienti e minuziose investigazioni è risultato che la cifra di quattro milioni non poggiava su alcuna seria base, né poteva essere sostenuta.

"Il tribunale, del resto, si basava su un'affermazione di Eichmann, secondo la quale la politica di sterminio aveva causato la morte di sei milioni di ebrei, di cui quattro milioni nei campi.

"Se adesso ci si rapporta ai lavori più recenti e alle più affidabili statistiche è il caso dell'opera di Raul Hilberg, La Destruction des Juifs d'Europe , si arriva a circa un milione di morti ad Auschwitz. Un totale corroborato dall'insieme degli specialisti, giacché oggi essi concordano su un numero di vittime che oscilla tra un minimo di 950.000 e un massimo di 1.200.000".

Fonte: "Le Monde", 23 luglio 1990

Infatti, nell'edizione tedesca del suo libro, Jean-Claude Pressac ridurrà un'altra volta questa cifra a 600.000 e la serie di revisioni probabilmente non è terminata.

Tuttavia, dopo che il numero delle vittime di Auschwitz-Birkenau è stato ridotto da 4 milioni a 1.000.000, si continua a ripetere la cifra globale di 6 milioni di ebrei sterminati, secondo la strana aritmetica: 6 - 3 = 6.

Che la "soluzione finale" del problema ebraico non si sarebbe concretizzata se non dopo la guerra è testimoniato anche dalla Braun Mappe dell'estate 1941. Il paragrafo intitolato "Direttive per la soluzione della questione ebraica" precisa: "Tutte le misure concernenti la questione ebraica nei territori occupati dell'Est saranno prese dopo la guerra e allora la questione ebraica troverà in Europa una soluzione generale".

Fonti: PS 702; Henri Monneray, La persécution des juifs dans les pays
de l'Est
présentée à Nuremberg, CDJC, 1949

Questa messa a punto non comporta alcuna attenuazione dei crimini di Hitler, ma richiama semplicemente un'evidenza che non può sfuggire neppure ai più accaniti sostenitori della tesi dello "sterminio": Hitler negli ultimi due anni di guerra, dopo Stalingrado, è ridotto agli estremi, gli alleati distruggono con i loro bombardamenti i suoi centri di produzione bellica e disorganizzano i suoi trasporti; egli è costretto a mobilitare dei nuovi effettivi svuotando le fabbriche e non avrebbe avuto che questa ossessione, fatale per il suo sforzo bellico, di sterminare i suoi prigionieri e i suoi ebrei, invece di impiegarli, foss'anche in condizioni disumane, nel lavoro dei cantieri.

Poliakov stesso, nel suo Bréviaire de la Haine (Parigi, Calmann-Levy, 1961 [1951], p. 3) sottolinea questa assurda contraddizione: "È molto più economico colpirli con i lavori più duri, ammassandoli per esempio in una riserva".

La Arendt mostra anche il lato demenziale di una simile operazione: "I nazisti spinsero l'inutile fino al dannoso quando, in piena guerra, e malgrado la penuria di materiali da costruzione e di rotabili, avviarono enormi e costose imprese di sterminio e organizzarono il trasporto di milioni di persone. [...] la contraddizione manifesta tra questo modo di agire e gli imperativi militari dà a tutta la faccenda un'aria folle e chimerica".

Fonte: Hannah Arendt, Le système totalitaire, Parigi, 1972, p. 182

Quello che è ancora più strano è che spiriti così sottili, come Poliakov o Hannah Arendt, siano stati obnubilati fino a questo punto dai loro a priori, che non abbiano messo in causa le loro ipotesi surreali e non siano ricorsi ai documenti e ai fatti. Ad Auschwitz-Birke-nau si trovavano dei potenti impianti della Farben-Industrie (chimici), della Siemens (trasporti) e della Portland (costruzioni). A Monovitz (uno dei campi annessi ad Auschwitz) lavoravano 10.000 detenuti, 100.000 operai civili e 1.000 prigionieri inglesi.

Fonte: Central Commission for Investigation of German
Crimes in Poland, German crimes in Poland, Varsavia, 1946, I, p. 37

Dal 1942 al 1944, sui 39 campi satelliti di Auschwitz 31 utilizzavano i detenuti come mano d'opera e 19 impiegavano in maggioranza ebrei.

Il 25 gennaio 1942 Himmler inviò all'ispettore generale dei campi di concentramento la seguente direttiva: "Preparatevi ad accogliere 100.000 ebrei [...]. Importanti compiti economici saranno assegnati ai campi di concentramento nelle prossime settimane".

Fonte: NO 020-a

Nel maggio 1944 Hitler ordinò di utilizzare 200.000 ebrei come operai nel programma delle costruzioni Jager e nell'organizzazione Todt.

Un ordine dell'SSWVHA del 18 novembre 1943 aggiudicava un premio ai detenuti anche ebrei che si fossero distinti nel lavoro.

Fonte: Centro del Museo di Auschwitz, 6 - 1962, p. 78


Non si tratta, dunque, di una faccenda "folle e chimerica", ma, al contrario, di realismo implacabile. Soprattutto ciò costituisce una confutazione supplementare delle tesi "sterminazioniste".


 


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Roger GARAUDY, I miti fondatori della politica israeliana, Graphos, 1996, Traduzione di Simonetta Littera e Corrado Basile.
Graphos, Campetto 4, 16123 Genova.

 


"Israele come stato ebraico costituisce un pericolo non solo per se stesso e per i suoi abitanti, ma per tutti gli ebrei e per tutti gli altri popoli e stati del Medio Oriente e anche altrove."

- Prof. Israel Shahak, ebreo israeliano e direttore della lega israeliana per i diritti umani e civili


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